lunedì 22 marzo 2010

Divieto di licenziamento e dimissioni volontarie nelle adozioni internazionali

Il D.Lgs. n. 5 del 25 gennaio 2010 - che ha attuato la Direttiva 2006/54/CE, relativa al principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego - ha modificato l’art. 54 del D.Lgs. n. 151/2001, ampliando il divieto di licenziamento in caso di adozione internazionale. Infatti, mentre prima della modifica legislativa la tutela dell’adozione e dell’affidamento era assicurata, tra le altre cose, anche dal divieto di licenziamento dei genitori adottivi ed affidatari che fruivano del congedo di maternità e paternità, fino ad un anno dall’ingresso del minore nel nucleo familiare, attualmente, pur essendo rimasto in vigore il divieto di licenziamento in caso di adozione ed affidamento, fino ad un anno dall’ingresso del minore nel nucleo familiare, è stato aggiunta la previsione per cui, in caso di adozione internazionale, il divieto opera dal momento della comunicazione della proposta di incontro con il minore adottando, ovvero della comunicazione dell’invito a recarsi all’estero per ricevere la proposta di abbinamento.
La modifica è sicuramente in linea con l’estensione delle tutele in caso di adozione internazionale ad opera della Finanziaria 2008 ma non è coordinata con l’obbligo di convalida delle dimissioni di cui all’art. 56 del T.U. sulla maternità.
Quest’ultimo articolo prevede che, nel periodo in cui vige il divieto di licenziamento, devono essere convalidate dal servizio ispettivo del Ministero del Lavoro competente per territorio, le dimissioni presentate:
- dalla lavoratrice, durante il periodo di gravidanza;
- dalla lavoratrice o dal lavoratore durante il primo anno di vita del bambino;
- dai genitori adottivi ed affidatari nel primo anno di accoglienza del minore adottato o in affidamento.
La convalida viene rilasciate dagli Uffici a seguito di un colloquio con i soggetti dimissionari al fine di verificarne l’effettiva volontarietà e l’assenza di coartazione da parte dei datori di lavoro. In mancanza di convalida, le dimissioni sono considerate viziate da nullità assoluta e il rapporto di lavoro, di conseguenza, non si estingue.
A questo punto è possibile notare che, mentre in passato i due articoli 54 e 56 del Testo Unico erano coordinati - nel senso che la convalida era necessaria in tutti i casi in cui vigeva il divieto di licenziamento - adesso, con la modifica di cui al D.Lgs. n. 5/2010, rimangono fuori dall’obbligo di convalida le dimissioni presentate in caso di adozione internazionale prima dell’ingresso del minore in Italia e cioè dal momento della comunicazione della proposta di incontro con il minore adottando, oppure della comunicazione dell’invito a recarsi all’estero per ricevere la proposta di abbinamento. Eppure anche in questo caso dovrebbe valere la ratio che è alla base dell’obbligo della convalida delle dimissioni da parte di un Ufficio pubblico deputato ad effettuare le verifiche ispettive, ovvero la presunzione di non spontaneità delle dimissioni avvenute nel periodo in cui vige il divieto di licenziamento, in quanto il periodo in questione è tutelato in modo incisivo dalla norma con una serie di diritti anche economici non indifferenti, come il diritto:
- a poter fruire del congedo di maternità, retribuito all’80%, anche durante la permanenza all’estero richiesta per l’incontro con il minore e lo svolgimento della procedura adottiva, ma comunque per un massimo di cinque mesi da usufruire, al limite, entro i cinque mesi successivi all’ingresso del minore in Italia;
- a poter fruire di un congedo non retribuito, senza diritto ad indennità, nel caso in cui, durante la permanenza all’estero la lavoratrice non richieda, o richieda solo in parte, il congedo di maternità.

Ogni dieci domande solo un'adozione arriva al traguardo

Sul sito de Il Sole 24 Ore di oggi è stato pubblicato un interessante articolo a firma di di Serena Riselli sulle adozioni internazionali.
L'adozione è una scelta di vita. Il percorso da completare, però, è complesso e caratterizzato da tempi lunghi. Nei procedimenti per i bambini sul territorio italiano, solo il 13% delle domande di adozione si concretizza. Alle cifre corrispondono una serie di fattori che vanno dalle garanzie a tutela del minore alla scelta delle coppie adottanti, fino alle differenze tra adozione internazionale e nazionale.
«L'Italia è, tra i paesi europei, lo stato che accoglie il più alto numero di bambini dal maggior numero di paesi del mondo - spiega Melita Cavallo, presidente del tribunale dei minori di Roma -: siamo presenti in 87 paesi con 72 enti autorizzati ed accreditati. Sono stati adottati dall'estero nel 2009 ben 3.964 minori. Nell'adozione nazionale, invece, il numero è esiguo, ma non possiamo dire che sia basso o alto perchè mancano termini di confronto». La spiegazione secondo la Cavallo, è un'altra: «In quasi tutti i tribunali si sono ridotte le dichiarazioni dello stato di adottabilità perché si attende la "documentata" prova della irrecuperabilità dei genitori e dei parenti entro il quarto grado che hanno rapporti significativi, per acquisire questa prova è necessario molto tempo e spesso si giunge a definire lo stato di adottabilità quando il bambino è divenuto un ragazzino».
Si può leggere l'articolo integrale a questo link

Il rapporto statistico annuale della C.A.I.

Il sito della rivista Vita commenta, con un articolo di Benedetta Verrini, l'annuale report statistico della Commissione Adozioni Internazionali per l'anno 2009.
“Molto positivo” il bilancio 2009 delle adozioni internazionali: la Commissione Adozioni Internazionali ha pubblicato in queste ore il report statistico annuale (dopo le prime anticipazioni di due mesi fa) che “fotografa” il settore con straordinaria precisione.
“Con i 3.964 minori stranieri adottati nel nostro Paese nel corso dell’anno che si è appena concluso, l’Italia si conferma infatti leader sul piano internazionale, seconda soltanto agli Stati Uniti” sottolinea nel dossier la vicepresidente Cai, Daniela Bacchetta. Le 190 pagine del rapporto, disponibile online, contengono quest’anno interessanti novità: la situazione delle adozioni di bambini special needs, i tempi di adozione per i bambini (concentrate sullo studio monografico di alcuni paesi, tra cui Federazione Russa, Ucraina, Brasile, Colombia, Etiopia) e i tempi di adozione per le coppie.
La Cai segnala che la straordinaria “tenuta” dei numeri delle adozioni rispetto al 2008, che è stato un anno di record, si accompagna a eventi nuovi e positivi: l’ingresso in Italia dei primi 23 minori provenienti dalla Cina, lo storico accordo bilaterale con la Federazione Russa, entrato in vigore il 27 novembre scorso, e la conclusione positiva del primo forum panafricano sulle adozioni, organizzato in Burkina Faso dal 6 al 9 dicembre.
I cambiamenti: tutti più grandi
L’adozione internazionale sta cambiando la sua fisionomia, e con essa i bisogni dei suoi protagonisti: si registra un aumento costante dell’età delle coppie adottanti – l’età media dei mariti è stata di 42,1 anni e quella delle mogli di 40 anni esatti – si accompagna infatti alla crescita progressiva dell’età media dei minori: dai 5,2 anni di media del 2007 ai 5,6 del 2008 fino ai 5,9 registrati nell’ultimo anno preso in considerazione.
Nel 2009 le coppie adottanti sono state 3.082. E’ in atto un cambiamento nella ripartizione regionale delle coppie, con un riequilibrio a favore delle regioni meridionali. Rispetto al 2008, “cala” il record della Lombardia (che in 10 anni di legge rappresenta comunque la prima regione di residenza delle coppie adottive) mentre si registra un incremento nel Sud. La regione che ha fatto registrare l’incremento maggiore di coppie adottanti è la Calabria (+27 coppie), seguita da Puglia (+22) e Campania (+17).
La provincia con il maggior tasso di coppie adottanti nel 2009 è stata quella di Isernia con 78,6, seguita dalla provincia di Firenze con il 75,8 e da quella di Terni con 67,1.
La Cai conferma, almeno attraverso i dati Istat a disposizione, un tendenziale e progressivo calo delle “dichiarazioni di disponibilità” all’adozione. Come è noto, infatti, il percorso adottivo è segnato da alcune tappe: la dichiarazione di disponibilità presso il tribunale è la prima. Seguono, se l’iter procede in modo regolare, il decreto d’idoneità, il conferimento dell’incarico a un ente e la richiesta d’ingresso in Italia di uno o più minori stranieri.
Ebbene, dal 2005 in poi la “propensione” delle coppie ad adottare è andata leggermente calando: nel 2004 erano state presentate in tutta Italia 8.274 domande, che sono scese a 7.882 nel 2005, 7.652 nel 2006 e 6.867 nel 2007 (ultimo anno disponibile).
La gran parte delle coppie ottiene il decreto d’idoneità “al primo colpo”, in Tribunale: solo per il 2,9% delle coppie l’idoneità è arrivata attraverso il ricorso in corte d’appello.
Nel 73,2% dei casi le coppie richiedenti nel 2009 possedevano un decreto di idoneità generico. Risulta in lieve aumento il fenomeno dei decreti mirati: 25,5% del totale. Come è noto, si intende per “mirato” un provvedimento in cui si indica un certo Paese di provenienza, una specifica appartenenza etnica, il genere del minore, lo stato di salute, una particolare età, spesso compresa tra zero e tre anni, o più in generale in età prescolare, o in cui si danno alcune indicazioni più o meno specifiche.
Nel 2009 quasi 9 coppie adottanti su 10 (86,8%) non hanno figli, mentre le altre coppie ne hanno uno (11,5%) o più di uno (1,7%).
La motivazione più frequente all’adozione è legata all’infertilità della coppia. Tra le coppie che hanno concluso l’adozione nel 2009, infatti, quasi 8 su 10 rivelano di aver avviato l’iter adottivo per via della propria impossibilità di procreare.
Una seconda motivazione è attribuibile al desiderio adottivo, “ovvero quella che potrebbe essere letta come la voglia di fare del bene a uno o più bambini in difficoltà”, commenta la Cai. Il 9,1% delle coppie ha dichiarato agli operatori dei servizi che la spinta ad adottare è stata puramente umanitaria.
C’è una terza categoria legata alla “conoscenza del minore” che riguarda, invece, le coppie che hanno sperimentato una positiva esperienza di accoglienza di un bambino straniero che, per motivi di risanamento, viene in Italia dai Paesi dell’Est.
Nel caso delle seconde adozioni, le motivazioni si ribaltano: l’infertilità passa in secondo piano edemerge come motivazione dell’adozione solo nel 2,8% dei casi. “È un dato che potrebbe indicare come per la coppia, ormai realizzatasi nel proprio desiderio di genitorialità, l’attenzione si sia spostata sul bambino, sui suoi bisogni e sul desiderio di dargli un fratello o una sorella”, si legge nel report. Infatti, risulta che il 38,3% delle coppie che motivano la decisione di una seconda adozione con il desiderio di “completare” la famiglia con l’adozione di un fratellino.
Nel corso degli anni il numero medio di bambini adottati per coppia è andato crescendo: nel 2008 ogni coppia ha adottato mediamente 1,26 bambini, nel 2009 1,29.
Il Paese di origine del maggior numero di minori adottati in Italia è la Federazione Russa, con 702 minori, pari al 17,71%del totale. E’ seguita dall’Ucraina, con 543 minori (13,70%del totale), dalla Colombia, con 444 ingressi (11,20%), dall’Etiopia con 348 (8,78%), e dal Brasile, con 330 (8,20%). In tutto da questi cinque Paesi nel 2009 sono giunti in Italia 2.366 minori, pari al 60% del totale.
I bambini sono in leggera prevalenza maschi 56,7% e la loro età media è di 5,9 anni. Le età medie più elevate si registrano tra i minori adottati in Bielorussia (14,6anni), in Ungheria e Ucraina (8,5anni), in Lituania e Polonia (8,2 anni), mentre le età medie più basse si riscontrano nello Ski Lanka(3anni), in Armenia (2,6anni), Mali (1,7anni), Cina(1,5anni) e Vietnam(1,1 anni).
Sono stati 561 i bambini con bisogni speciali adottati nel 2009: 476 dall’Europa, 38 dall’Asia, 35 dall’America Latina, 12 dall’Africa. Gli “special needs” riguardano coppie di fratelli, bambini grandicelli, bambini con particolari problemi psichici o handicap fisici. Su questi ultimi si è concentrata l’analisi della Commissione.
La Cai rileva che le diagnosi sono abbastanza omogenee per territorio di provenienza: ad es. i minori provenienti dall’Est europeo presentano in rilevante percentuale la diagnosi di “ritardo psicologico o psicomotorio”. “Tale diagnosi di per sé non è significativa in quanto utilizzata, per la sua genericità, anche per descrivere le conseguenze di una precoce e, a volte, lunga istituzionalizzazione”, si legge nel report.
Diversamente da questi, i minori provenienti da Paesi africani quali l’Etiopia o da Paesi sudamericani quali la Colombia presentano invece diagnosi di patologia attinente lo stato di nutrizione generale e le eventuali carenze.
La media mondiale generale tra tutti i minori entrati nel 2009 (3.964) è del 14,2% di minori con patologie all’ingresso.
Nel 2009 il tempo medio generale del percorso adottivo è stato di 26 mesi, una durata di un mese inferiore rispetto a quella registrata nel 2008.
I dati relativi all’utilizzo dei decreti di idoneità evidenziano poi che i decreti non seguiti da conferimenti di incarico agli enti autorizzati sono intorno al 35% del totale dei decreti emessi nel periodo 2006-2008. Le revoche degli incarichi agli enti sono state 627 per i decreti emessi nel 2006, 401 per i decreti emessi nel 2007, 181 per i decreti del 2008 e 20 per i decreti del 2009.
Riguardo alle motivazioni che hanno indotto alla revoca dell’incarico agli enti, ove sono specificati, riguardano la nascita di un figlio e all’adozione di un minore italiano, la separazione dei coniugi, il cambio dell’ente e anche a problematiche di tipo familiare tra cui anche questioni di tipo economico.
Questi dati, raffrontati con quelli degli anni precedenti, mettono in rilievo l’incremento del tasso di successo adottivo: mentre per le coppie che hanno avuto il decreto di idoneità negli anni 2000-2005 il tasso era intorno al 30-35%, per quelle che lo hanno ottenuto nel periodo 2006- 2008 supera il 40%.
E' possibile scaricare il report dal sito della C.A.I.